ANCORA SU PRIMATO E INFALLIBILITÀ PAPALE DEL PANE E PROSCIUTTO: TRA DOGMA E CHIACCHIERICCIO
“Beato sei tu, Simone Bariona; perché non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli: e io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli”. (Mt 16,16-19)
I quattro anatemi: la Costituzione Dogmatica Pastor Aeternus di papa Pio IX che definisce il dogma del Primato (e poi anche dell'Infallibilità) papale, 18 luglio 1870.
1) "Se qualcuno dunque affermerà che il beato Pietro Apostolo non è stato costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, o che non abbia ricevuto dallo stesso Signore Nostro Gesù Cristo un vero e proprio primato di giurisdizione, ma soltanto di onore: sia anatema". (PA cap. I)
2) "Se qualcuno dunque affermerà che non è per disposizione dello stesso Cristo Signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro abbia per sempre successori nel Primato sulla Chiesa universale, o che il Romano Pontefice non sia il successore del beato Pietro nello stesso Primato: sia anatema". (PA cap. II)
3) "Dunque se qualcuno affermerà che il Romano Pontefice ha semplicemente un compito ispettivo o direttivo, e non il pieno e supremo potere di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo per quanto riguarda la fede e i costumi, ma anche per ciò che concerne la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o che è investito soltanto del ruolo principale e non di tutta la pienezza di questo supremo potere; o che questo suo potere non è ordinario e diretto sia su tutte e singole le Chiese, sia su tutti e su ciascun fedele e pastore: sia anatema". (PA cap. III)
4) "Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa.
Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema.
Dato a Roma, nella pubblica sessione celebrata solennemente nella Basilica Vaticana, nell’anno 1870 dell’Incarnazione del Signore, il 18 luglio, venticinquesimo anno del Nostro Pontificato". (PA cap. IV)
Verrebbe da chiedere al papa Pio IX: "Ma Santità! perché si arrabbia così tanto? Cosa le hanno fatto perché, con tanta veemenza, la Sua Augusta Persona ardisce pronunziare parole tanto supponenti e autoreferenziali?".
Era, sì, successo qualcosa! Lo stesso papa Pio IX, 16 anni prima, aveva promulgato la Costituzione Apostolica "Ineffabilis Deus", ovvero la definizione dogmatica dell’immacolato concepimento della B. V. Maria. Cosa c'è di strano? C'è di strano che, fino ad allora, i dogmi erano stati definiti nei Concili, dal collegio dei Vescovi, e non dal papa in autonomia. Per esempio, il Concilio di Nicea, che definì il dogma della natura divina di Cristo, generato e non creato, era stato convocato e presieduto dall'Imperatore Costantino I, senza prima consultare il vescovo di Roma, Silvestro, il quale, assente al Concilio, venne rappresentato da due preti delegati. La "Ineffabilis Deus" di Pio IX scatenò furiose polemiche: é lecito, al vescovo di Roma, proclamare dogmi di fede senza consultare i vescovi in un Concilio? È su questo punto che si accesero le diatribe suscitate da questo atto dogmatico di papa Pio IX: quali sono le funzioni del papa? Quali sono i confini della sua autorità? Quando, i pronunciamenti del Vescovo di Roma, sono vincolanti per tutta la Chiesa universale? Ma soprattutto, quello dell'Immacolata Concezione, visto che è stato promulgato "illecitamente" senza consultare il Collegio dei Vescovi, è un vero Dogma?
Quel "furbetto"... dello Spirito Santo
Papa Pio IX si trovò a dover dirimere una questione spinosa: come salvare il dogma dell'Immacolata Concezione rendendolo anche lecito oltre che valido? L'unico modo era quello di definire un ulteriore dogma ma, questa volta, facendolo passare attraverso un Concilio ("con l’approvazione del sacro Concilio", PA cap. IV), il Vaticano I. Era necessario rimuovere le cause della presunta illiceità del dogma dell'Immacolata Concezione, ovvero definire il "Primato" cioè l'autorità papale, i contorni del Munus e del Ministerium petrini affidati al Vescovo di Roma. Prima di rileggere i quattro anatemi della Pastor Aeternus alla luce di questi antefatti, dobbiamo comprendere cosa si intende per dogma cattolico.
Il dogma cattolico è una verità indiscutibile e immutabile connessa direttamente alla Rivelazione Divina. Leggiamo nel catechismo di Giovanni Paolo II al numero 88: "Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell'autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un'irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione".
Insomma, il dogma cattolico non può mai definire qualcosa di nuovo, di inventato o basato su supposizioni. Il dogma è semplicemente la definizione scritta di una verità rivelata e immutabile in cui la Chiesa ha da sempre creduto (ma non aveva ancora articolato in un pronunciamento definitivo) rimanendo fedele "alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana" (PA Cap. IV). Il dogma è retroattivo: se noi potessimo chiedere ai Dodici Apostoli se credono che Gesù Cristo è l'unigenito Figlio di Dio, generato ma non creato, vero Dio e vero uomo e che Maria, la madre del Salvatore, è anche madre di Dio, sempre vergine e concepita senza peccato, ci risponderebbero: sì, certamente! E se gli chiedessimo se credono nella transustanziazione, nel purgatorio e nell'infallibilità papale quando enuncia un dogma? Ancora una volta essi ci risponderebbero: sì, certamente! Coi quattro anatemi della Pastor Aeternus, Pio IX aveva "furbescamente" messo in sicurezza non solo il dogma Mariano ma anche, e soprattutto, il "Primato", l'ufficio del Vicario di Cristo, il quale eredita direttamente dal Beato Pietro "il pieno e supremo potere di giurisdizione su tutta la Chiesa": il Munus (siccome Pietro ha ricevuto una rivelazione direttamente dal "Padre che è nei cieli", "Io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa") e il Ministerium ("A te darò le chiavi del regno dei cieli: qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli”).
Primato e infallibilità papale: "Santità, si metta seduto prima di parlare!"
Torniamo ora a leggere i quattro anatemi, ovvero i quattro passaggi con cui Pio IX lega e fonde insieme la figura del Romano Pontefice con quella del Beato Pietro Apostolo e quindi col suo incarico divino, ricevuto direttamente da Cristo Signore. Il primo anatema ci parla della figura di Pietro: Pio IX afferma definitivamente che il beato Pietro fu scelto da Cristo Signore per essere il Principe degli Apostoli e capo della Chiesa. In lui sussisteva "un vero e proprio primato di giurisdizione".
Col secondo anatema Pio IX definisce il Munus petrino, cioè opera una vera e propria fusione tra il beato Pietro, primo papa che riceve una rivelazione direttamente da Dio Padre, e ciascuno dei suoi legittimi successori: ogni vero papa è "vero Pietro", scelto da Cristo Signore per essere il Principe degli Apostoli e capo della Chiesa. In lui sussiste questo "vero e proprio primato di giurisdizione".
Nel terzo anatema vediamo definito il Ministerium del Romano Pontefice. Vale la pena rileggerlo per intero perchè le parole di Pio IX sono più chiare di qualsiasi interpretazione: "Dunque se qualcuno affermerà che il Romano Pontefice ha semplicemente un compito ispettivo o direttivo, e non il pieno e supremo potere di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo per quanto riguarda la fede e i costumi, ma anche per ciò che concerne la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o che è investito soltanto del ruolo principale e non di tutta la pienezza di questo supremo potere; o che questo suo potere non è ordinario e diretto sia su tutte e singole le Chiese, sia su tutti e su ciascun fedele e pastore: sia anatema". Com'è evidente, nei primi tre anatemi non si tocca il tema dell'infallibilità ma quello dell'ossequio della ragione e della volontà che si deve ad ogni pronunciamento, ordinario o straordinario, del Romano Pontefice.
Ma veniamo al quarto ed ultimo anatema, che tratta il caso specifico e rarissimo in cui un papa intende definire un dogma di fede (altrimenti conosciuto come "pronunciamento ex cathedra"). Questo anatema è l'unico dei quattro che viene citato dai fautori della tesi del papa "inopportuno". Ma citare pezzi di documenti non è mai buona pratica perchè non se ne coglie il significato vero e profondo. L'ultimo pronunciamento ex cathedra in ordine di tempo è stato quello di papa Pio XII nel 1950, col dogma dell'Assunzione di Maria al cielo. Coi quattro anatemi Pio IX intende "sanare" il dogma dell'Immacolata Concezione, e riaffermare in modo definitivo ed immutabile che l'autorità conferita da Cristo Signore al beato Pietro è la stessa che sussiste in ogni Romano Pontefice suo legittimo successore.
La confusione è voluta: si sovrappongono "Primato", definito nei primi tre anatemi, e "Infallibilità papale", definita solo nel quarto anatema. Il papa possiede la suprema autorità docente in materia di fede e morale ed è infallibile quando (in media ogni duecento anni) definisce ex cathedra un dogma. Ma a noi, questo, cosa interessa? Le critiche che da varie parti vengono rivolte al magistero di Bergoglio non poggiano sul quarto anatema. Infatti Bergoglio non si è mai pronunciato ex cathedra e "non ha intenzione di farlo durante il suo pontificato" (come ha precisato qualche conferenza fa il Cardinale Víctor Manuel Fernández). L'infallibilità papale è lo specchietto per le allodole usato da chi vuole sviare l'attenzione. "Il Papa non è un oracolo, è infallibile in situazioni rarissime", diceva Benedetto XVI. Infatti il popolo di Dio non ha bisogno di un papa-oracolo, di un guru che si esprime per sentenze dogmatiche, ma di un Pastore che guidi giorno per giorno il gregge di Dio con l'autorità che Cristo Signore gli ha affidato. Cosa ne facciamo del Catechismo Maggiore di San Pio X o di quello di San Giovanni Paolo II? Li gettiamo nella pattumiera soltanto perchè non sono dichiarazioni dogmatiche pronunciate ex cathedra? Al papa non è richiesta l'infallibilità, non è questo che ha chiesto Cristo a Pietro, tutto il contrario! La missione del papa è quella di confermare ciò che ha ricevuto ed intervenire quando ciò che ha ricevuto, il deposito della fede, viene travisato o manomesso.
Roma locuta, causa finita est
Il Dogma è uno strumento nelle mani del papa che serve a stroncare le grandi eresie; non è la via canonica di insegnamento magisteriale ordinario o straordinario del Romano Pontefice. Possiamo, quindi, dare per erronee tutte quelle teorie che operano distinzioni tra autorità magisteriale ordinaria e straordinaria del Vicario di Cristo. Dovremmo forse ascoltare un papa, con ossequio dell'intelligenza e della volontà, soltanto ogni duecento anni, quando egli, pronunciandosi ex cathedra, combatte un'eresia? Assurdo: Pio IX ha smontato questa "teoria teologica" in maniera chiara e definitiva. Infatti, la stragrande maggioranza di tutti i cattolici del mondo, che accolgono con religioso assenso le dichiarazioni di colui che credono sia il successore di San Pietro, il Cardinale Bergoglio, hanno ragione perchè hanno compreso fino in fondo il ruolo e l'autorità di ogni Romano Pontefice. Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, se Bergoglio è il papa, non possono essere respinte da nessuno perchè Cristo Signore ha promesso un'assistenza speciale dello Spirito Santo a Pietro e a Bergoglio allo stesso modo. Il fedele cattolico dovrà quindi, pazientemente ma inesorabilmente, digerire ed accettare il Magistero proposto dal papa, chiunque egli sia. Rifiutare il Magistero di Bergoglio, se è papa, significa rifiutare le parole di Cristo: "Tu sei Pietro, a te darò le chiavi".
Benedetto XVI: un vero papa non deve proclamare le proprie idee
Terminiamo con l'ascolto delle parole del Santo Padre Benedetto XVI pronunciate il giorno del suo insediamento sulla cathedra romana nella Basilica di San Giovanni in Laterano il 7 maggio 2005:
"La Cattedra di Pietro obbliga coloro che ne sono i titolari a dire - come già fece Pietro in un momento di crisi dei discepoli - quando tanti volevano andarsene: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Gv 6, 68ss). Colui che siede sulla Cattedra di Pietro deve ricordare le parole che il Signore disse a Simon Pietro nell’ora dell’Ultima Cena: "….e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli…." (Lc 22, 32). Colui che è il titolare del ministero petrino deve avere la consapevolezza di essere un uomo fragile e debole - come sono fragili e deboli le sue proprie forze - costantemente bisognoso di purificazione e di conversione. Ma egli può anche avere la consapevolezza che dal Signore gli viene la forza per confermare i suoi fratelli nella fede e tenerli uniti nella confessione del Cristo crocifisso e risorto. Nella prima lettera di san Paolo ai Corinzi, troviamo il più antico racconto della risurrezione che abbiamo. Paolo lo ha fedelmente ripreso dai testimoni. Tale racconto dapprima parla della morte del Signore per i nostri peccati, della sua sepoltura, della sua risurrezione, avvenuta il terzo giorno, e poi dice: "Cristo apparve a Cefa e quindi ai Dodici…" (1 Cor 15, 4), Così, ancora una volta, viene riassunto il significato del mandato conferito a Pietro fino alla fine dei tempi: essere testimone del Cristo risorto.
Il Vescovo di Roma siede sulla sua Cattedra per dare testimonianza di Cristo. Così la Cattedra è il simbolo della potestas docendi, quella potestà di insegnamento che è parte essenziale del mandato di legare e di sciogliere conferito dal Signore a Pietro e, dopo di lui, ai Dodici. Nella Chiesa, la Sacra Scrittura, la cui comprensione cresce sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, e il ministero dell’interpretazione autentica, conferito agli apostoli, appartengono l’una all’altro in modo indissolubile. Dove la Sacra Scrittura viene staccata dalla voce vivente della Chiesa, cade in preda alle dispute degli esperti. Certamente, tutto ciò che essi hanno da dirci è importante e prezioso; il lavoro dei sapienti ci è di notevole aiuto per poter comprendere quel processo vivente con cui è cresciuta la Scrittura e capire così la sua ricchezza storica. Ma la scienza da sola non può fornirci una interpretazione definitiva e vincolante; non è in grado di darci, nell’interpretazione, quella certezza con cui possiamo vivere e per cui possiamo anche morire. Per questo occorre un mandato più grande, che non può scaturire dalle sole capacità umane. Per questo occorre la voce della Chiesa viva, di quella Chiesa affidata a Pietro e al collegio degli apostoli fino alla fine dei tempi.
Questa potestà di insegnamento spaventa tanti uomini dentro e fuori della Chiesa. Si chiedono se essa non minacci la libertà di coscienza, se non sia una presunzione contrapposta alla libertà di pensiero. Non è così. Il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire. La potestà di insegnare, nella Chiesa, comporta un impegno a servizio dell’obbedienza alla fede. Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo. […] Il Papa è consapevole di essere, nelle sue grandi decisioni, legato alla grande comunità della fede di tutti i tempi, alle interpretazioni vincolanti cresciute lungo il cammino pellegrinante della Chiesa. Così, il suo potere non sta al di sopra, ma è al servizio della Parola di Dio, e su di lui incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode.
La Cattedra è - diciamolo ancora una volta - simbolo della potestà di insegnamento, che è una potestà di obbedienza e di servizio, affinché la Parola di Dio - la sua verità! - possa risplendere tra di noi, indicandoci la strada".