Omosessualità. Educhiamo i nostri figli con la Teologia del Corpo di Giovanni Paolo II
Condividiamo l'esperienza di una famiglia di nostri amici per riflettere sul ruolo educativo dei genitori cattolici
Il valore della Fede, il sostegno della Parola di Dio, come anche la voce del Magistero, sono riferimenti preziosi che, grazie ad un cammino nella Chiesa che abbiamo intrapreso molti anni fa, abbiamo cercato di trasmettere ai nostri figli. Per istruirli alla sessualità ci siamo ispirati alla “teologia del corpo” di S. Giovanni Paolo II. All’età di 20 anni il nostro primogenito maschio ci ha rivelato di avere attrazioni omosessuali e il desiderio di assecondare quelle che lui riteneva pulsioni “naturali”. Ha così deciso di abbracciare uno stile di vita che noi ritenevamo incompatibile con la nostra fede, ha lasciato la nostra casa, ha rifiutato la Chiesa ed ha fatto il suo ingresso nel mondo degli uomini adulti e “liberi”. Per molto tempo non riuscivamo a farci una ragione di come avesse potuto rinnegare tutto quello che insieme avevamo vissuto nella fede ed accettare la catechesi del mondo. È stato allora che ci siamo dedicati ad approfondire un tema, l'omosessualità, riguardo al quale eravamo totalmente ignoranti, covando errori e pregiudizi. Abbiamo esplorato tutto ciò che si riferisce all’argomento e ci siamo resi conto di quanta ignoranza, confusione e bugie circolano intorno a questo fenomeno che minaccia seriamente il benessere spirituale e fisico di un sempre maggior numero di persone, uomini e donne.
Nonostante il pensiero dominante, abbiamo capito che il comportamento omosessuale non è semplicemente uno stile di vita alternativo, né naturale, né innocuo, e non potrà mai diventare "buono". Secondo la psicologia esso può essere il risultato di radicate e inconsce ferite affettive. Abbiamo potuto riconoscerle ripercorrendo la storia di nostro figlio, cominciata col trauma dell’abbandono alla nascita e poi dell’adozione, proseguita col bullismo a scuola ed altre esperienze.
Ci siamo posti mille interrogativi. Assecondando l’attrazione per il suo stesso sesso, nostro figlio, stava forse cercando di appropriarsi di qualcosa che sentiva mancare dentro di sé? Quanto questo sforzo riparatore sarebbe stato frustrante e generatore esso stesso di dipendenza? Come potrà, il sesso da adulti, colmare le lacune evolutive, i bisogni innocenti e casti insoddisfatti di un bambino? Fino a che punto quella di nostro figlio era una libera scelta? Ha alternative o è costretto a comportarsi in tal modo, agendo dunque senza colpa? Può bastare la Grazia o piuttosto ha bisogno di essere aiutato e sostenuto contemporaneamente su più livelli?
Da qualche anno nostro figlio ha scelto di iniziare un percorso psicologico per recuperare l’autostima per imparare a non degradare sé stesso e gli altri ad oggetto di piacere. Abbiamo visto in questo un'opera del Signore. Ma sappiamo che le scienze non bastano a salvarlo: se è vero che la psicologia può curare le sue ferite affettive, è altrettanto vero che la vera ferita affettiva, la paura della morte, può essere guarita solo da Cristo, l’Unico che l’ha vinta e umiliata. Ma nel rispetto della libertà e dei tempi di ognuno. Da parte nostra siamo certi che Dio lo ama, continua a cercarlo e ad agire attraverso la sua storia.
Il mese scorso gli è stato asportato un testicolo nel quale si era formato un tumore maligno. Alla luce della fede questa "mutilazione" è stata una forte Parola di Dio nella sua vita, che lo incoraggia a trovare attributi diversi da presentare come biglietti da visita personali.
Non sappiamo se nostro figlio sarà liberato dai suoi desideri omosessuali, ma siamo certi che può essere illuminato sul loro significato più profondo. Può imparare a non rivendicare, ciò che prova, come un diritto ma a desiderare di vivere coerentemente con la propria costituzione biologica.
Carlo e Monica
__________
*Se volete raccontarci la vostra esperienza scriveteci alla nostra email omocattolici@gmail.com