LETTERA APERTA AI SACEDOTI DEL NASCONDIMENTO

 


"Il Curato d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la sua gente: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”.[3] Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana: “Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...”.[4] E spiegando ai suoi fedeli l’importanza dei sacramenti diceva: “Tolto il sacramento dell'Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo”.

(Tratto dalla Lettera del Santo Padre Benedetto XVI per l'indizione dell'Anno Sacerdotale in occasione del 150° anniversario del "DIES NATALIS" di Giovanni Maria Vianney - Vaticano, 16 giugno 2009)    

Carissimo Padre del nascondimento, le debbo delle scuse, e con me tutti coloro che con superficialità le hanno mancato di carità emettendo giudizi sulla sua decisione di stare nel nascondimento. Una cosa che ho compreso è che lo status di "nascondimento" non è necessariamente temporaneo, quasi fosse un parcheggio della coscienza in attesa che trovi chissà quale coraggio per "uscire". Stare nel nascondimento è già di per sé una forma di martirio che porta frutti di bene. Tra le molte forme di resistenza, non tutti sono chiamati a far parte delle truppe d'assalto, altrimenti chi curerebbe i feriti nelle retrovie? Chi provvederebbe alla sussistenza ed ai rifornimenti per tutto l'esercito? Per uscire dalla metafora bellica, in questa battaglia escatologica abbiamo bisogno di riappropriarci dell'immagine paolina del Corpo mistico di Cristo: 'Se il piede dicesse: "Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: "Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto' (1Cor. 12). Uscire dal nascondimento significa anche, come impariamo dal Curato d’Ars, "essere un pastore secondo il cuore di Dio", semplicemente vivendo il proprio sacerdozio secondo la sana dottrina cattolica di sempre: già soltanto questo la espone, caro Padre, alla critica e all'odio da parte di coloro che, volontariamente o involontariamente, hanno iniettato veleno nel deposito della nostra fede con le loro dottrine eterodosse. Sono convinto che se ogni singolo sacerdote vivesse "banalmente" la sua vocazione non avremmo alcuna necessità di sacerdoti che "escono" per svegliare le coscienze. Lo stesso vale per noi popolo di Dio: se davvero avessimo a cuore la salvezza dell'anima nostra e di quella dei fratelli, saremmo i primi nella Carità, i primi nella Speranza, i primi nella Fede. Per quanto riguarda me, non credo di riuscire ad arrivare neanche ultimo.

Un sacerdote del nascondimento, quando e se vive il proprio sacerdozio secondo il volere di Dio - nella celebrazione dei Sacramenti, nella Predicazione e nella vita di Santità - si espone inevitabilmente agli attacchi furiosi dei dittatori del relativismo, fuori e dentro la Chiesa, e spesso viene isolato. Per questo motivo voglio esprimere tutta la mia riconoscenza e ammirazione per la fede sua e degli altri numerosi sacerdoti che, nel nascondimento, stanno combattendo la buona battaglia offrendo la loro vita per la salvezza delle anime.

Ma Dio opera su più fronti e si sceglie alcuni sacerdoti per affidargli una missione diversa: quella di "uscire" dal nascondimento, di prendere la lucerna da sotto il moggio e "metterla sopra il lucerniere perchè faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt. 5,15). Questi sacerdoti fanno un servizio a tutta la Chiesa, quello di fare luce perchè tutti gli altri possano vedere. Il gesto di porre la lucerna sopra il lucerniere può essere fatto da chiunque, anche dal più piccolo e debole della casa, non sono necessarie doti particolari. Basta pochissima luce per dissipare le tenebre. Dovremmo forse ritenere che tutti i sacerdoti consapevoli della crisi nella Chiesa dovrebbero uscire allo scoperto? Non è necessario, serve solo qualcuno che faccia questo gesto e tutto intorno verrà illuminato.

Un santo sacerdote, che sia nel "palesamento" o che sia nel "nascondimento" come lei Padre, sta già curando la Sposa ferita di Cristo. Non mi riferisco qui a quei sacerdoti che girano la faccia dall'altra parte, perchè il foro interno può giudicarlo soltanto Dio. Soprattutto non mi riferisco a tutti quei sacerdoti che, senza colpa, credono intimamente che il "nuovo paradigma" proposto dal Cardinale Bergoglio provenga direttamente dal soffio dello Spirito Santo. Mi rivolgo invece a quei pastori che, sia che fondino le loro riflessioni sul vulnus dottrinale o che le fondino sul vulnus canonico, giungono alla medesima conclusione impegnativa: difendere le pecore dai lupi perchè questi sono ormai già entrati nel recinto dell'ovile di Cristo.

Nell'ultimo decennio si sono andate formando due tipologie di "sacerdoti del palesamento": quelli della teoria del "Papa part-time" e quelli della teoria del "Non Papa".

Molto seguiti sui social media sono i primi, quelli che teorizzano il Papa-a-mezzo-servizio, secondo i quali bisogna ascoltare il Papa solo quando sta seduto sulla Cathedra (mentre quando sta su un volo aereo lo si può ignorare) e pregare per la sua conversione. Il loro modus operandi però è quello di stare col fiato sul collo di Bergoglio: ad ogni singolo pronunciamento di Francesco producono un video o un commento dove lo smentiscono punto per punto. Il loro motto è "mai delegittimare il papa", mentre è proprio ciò che fanno continuamente. E' una teoria che poggia su discutibili basi teologico-canoniche e soprattutto non tiene conto delle pecore. Si tratta infatti di puro esercizio accademico che costringe però il semplice fedele ad un doppio salto mortale della coscienza: Bergoglio è il Papa legittimo (e dunque il fedele cattolico, secondo il Codice di Diritto Canonico al numero 752, è obbligato a prestare "un religioso ossequio dell'intelletto e della volontà" alla dottrina del Sommo Pontefice), ma allo stesso tempo la sua coscienza lo obbligherebbe a disobbedirgli. Questa teoria disastrosa va a ledere non soltanto la vita di fede del popolo di Dio ma altresì attenta alla sua sanità mentale creando una schizofrenia pastorale. I pronunciamenti di un Papa, infatti, hanno immediate ripercussioni nella vita di tutti i giorni dei semplici fedeli: se Bergoglio è Papa, un genitore non potrà far altro che, prestando "religioso ossequio dell'intelletto e della volontà" alla dottrina del romano Pontefice, concedere la sua "benedizione" alla relazione omosessuale del proprio figlio. E' una teoria, lo ripeto, che può essere valida, sotto certi aspetti, per gli accademici e gli addetti ai lavori che, testi alla mano, tentano di imbastire per sé stessi un teorema che giustifichi l'assurdo, ovvero la coesistenza nella stessa persona di infallibilità ed errore. Una persona, il Papa, alla quale si deve l'ossequio dell'obbedienza ma solo quando ciò che dice o scrive rientra nella loro interpretazione di "autentica dottrina cattolica". Invece per i fedeli laici questo approccio dicotomico costituisce una fonte di grande confusione e smarrimento. Viene a configurarsi l'immagine di un Papa che possiede il munus, che gli deriverebbe dalla legittima successione petrina, ma perde il magisterium perchè sarebbe incapace di insegnare come supremo maestro della Chiesa. Non è più Pietro ad avere l'incarico di confermare i fratelli nella fede ma sono questi sacerdoti, coadiuvati da vari "esperti" laici, che ci confermano di volta in volta che cosa dobbiamo credere e cosa dobbiamo sperare.

Vi è poi la seconda tipologia di "sacerdoti del palesamento", quelli che propongono la teoria del "Non Papa". Secondo questo secondo gruppo, i numerosi errori dottrinali di Bergoglio trovano ampia spiegazione nel fatto che Francesco non ha ricevuto il munus, ovvero si è interrotta la successione apostolica a Benedetto XVI, interruzione che è avvenuta svariate volte durante la storia della Chiesa. Questi sacerdoti si sono assunti l'onere della prova ovvero, a seguito di un accurato studio di carattere giuridico canonico e teologico (senza trascurare l'approfondimento in altri ambiti delle scienze), hanno dimostrato l'invalidità, e quindi la nullità, della Declaratio di Benedetto XVI quale atto legale di abdicazione.

Per comprendere appieno lo sviluppo di questa teoria dobbiamo rendere presente il brano del Vangelo di Giovanni sul quale essa si poggia:

"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei" (Gv. 10, 1-5).

Il pastore delle pecore entra nel "recinto di San Pietro" (per citare Benedetto XVI nella sua ultima Udienza Generale) attraverso la porta che gli è stata aperta dal Guardiano, non si può "salire da un'altra parte" altrimenti si tratta di un ladro e un brigante. La prova sta nel fatto che le pecore riconoscono la voce del pastore e lo seguono, mentre fuggono via da chi si spaccia per pastore, proprio perchè "non riconoscono la voce degli estranei". Tantissime pecore in tutto il mondo stanno fuggendo dal "falso pastore" perchè non riconoscono più la sua voce, non predica più lo stesso Vangelo di sempre, e sono sconvolte, atterrite. Se solo sapessero che quello non è il pastore delle pecore ma un brigante estraneo, si rassicurerebbero. Il Guardiano non ha fatto entrare per la porta un pastore cattivo (come sostengono alcuni) che deve essere seguito dalle pecore solo quando la sua voce è buona, ma si tratta di un estraneo che è entrato nel recinto salendo da un'altra parte. La teoria del "non papa" (o del "non pastore delle pecore) dimostra che l'estraneo non è entrato nel recinto dalla porta aperta dal Guardiano e pertanto non è il pastore delle pecore. Benedetto XVI con la sua Declaratio afferma proprio questo: quello che entra dopo di me non è il pastore delle pecore perchè "sale da un'altra parte". Conoscere il dettagli della dimostrazione di questa teoria, che al momento non è stata ancora confutata da nessuno, non è un'operazione immediata, è necessario ricostruire tutti gli eventi che stanno sullo sfondo e che hanno portato Benedetto XVI a quella storica "decisione di grande importanza per la vita della Chiesa".

Carissimo Padre del nascondimento, sappia che c'è un gran numero di pecore che prega per lei perchè comprendiamo fino in fondo la Croce che si è caricato sulle spalle. E ci perdoni se alcuni di noi le hanno mancato di rispetto. 
Che lo Spirito Santo la ricolmi dei Suoi beni e la Vergine Maria l'assista nella buona battaglia.

Un semplice fedele.


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